SOMMARIO dei ritrovamenti archeologici
effettuati dalla nostra Associazione nel territorio montalcinese durante
mezzo secolo di attività; in particolare avvenuti negli anni che dal
1950 ci portarono al 1968, giungendo poi al 2008 con i lavori di
restauro e manutenzione.
Tutti i reperti esposti nel MUSEO
ARCHEOLOGICO ed altri ancora stipati nei magazzini, sono frutto di mezzo
secolo di ricerche, scavi e recuperi fatti dai concittadini Ivo Caprioli
ed Assunto Pignattai nel territorio montalcinese.
La loro attività archeologica
inizia nel 1950 quando, dopo un incontro con il noto archeologo senese
Ranuccio Bianchi Bandinelli, viene effettuata sul Poggio della Civitella
una breve campagna di scavi che permise il recupero di reperti etruschi
e la definizione dell’interessante sito “unicum” nell’Etruria,
oggi trasformato in PARCO ARCHEOLOGICO con:
·
un grande villaggio
arcaico del VII e VI sec. a.C.;
·
un quartiere artigianale
del VI sec. a.C. con una fornace per la fusione del ferro (ancora
funzionante ma da restaurare);
·
un sacello votivo
ellenistico del V sec. a.C.;
·
una fortezza d’altura
costruita nel IV sec. a.C. nella convergenza delle Leucomonie etrusche
di Chiusi, Roselle e Vetulonia.
Nel 1957, calandosi in una
voragine naturale nella zona delle Cave Porzia (Castelnuovo dell’Abate)
venne individuata la grotta sepolcrale di un esteso villaggio dell’Età
del Bronzo – II millennio a.C. – da ritenersi unico nella Preistoria
Italiana. Gli scavi dati in concessione all’Università di Milano –
Facoltà di Paleontologia – condotti dal Prof. Ferrante Rittatore Won
Willer, dal Dr. Vincenzo Fusco e dalla nostra Associazione, continuarono
sino al 1964 e sospesi per un grave infortunio subito in grotta dal Dr.
Fusco.
Fra tanti reperti venuti alla luce
segnaliamo un pezzo raro (il primo esemplare rinvenuto in Toscana): un
vaso in ceramica acroma dello stile “appulo-materano” con due
anse revolute a rocchetto che testimonia i contatti e scambi di
manufatti tra la Montalcino preistorica e le popolazioni della Puglia.
Nel 1959, seguendo il cammino
della preistoria, salimmo sul Poggio Castellare che domina l’Abbazia di
Sant’Antimo. Sul colle rintracciammo una cinta muraria a secco lunga
circa 350 mt. con i crolli di 5 torri circolari.
La Soprintendenza Archeologica della
Toscana dichiarò “... si tratta di uno dei Castellari più grandi,
completi ed interessanti dell’Italia Centrale”.
Causa le difficoltà di accesso il sito è
ancora in attesa di scavo.
Nello stesso anno incontrammo
nuovamente gli Etruschi lungo il Fosso del Tesoro (tra Sant’Angelo in
Colle e Castelnuovo dell’Abate): una tomba a camera del III sec. a.C. a
rito misto, incinerazione e inumazione, un ambiente semicircolare con “dromos”
di accesso; sulla panchina nove urne in pietra a più spioventi con
iscrizioni intervallate da ciotole e orciolini in argilla. Nelle
vicinanze altri tumuli.
Per completare il periodo
Etrusco segnaliamo nel territorio 63 siti ed attestazioni (ricognizione
dell’archeologo Stefano Campagna).
Nel 1968 LA PREISTORIA ci chiama
ai piedi della collina dove dopo l’aratura del terreno e la pioggia
affiorano schegge e punte di frecce. Il terrazzo prospiciente
l’Ombrone ospitava una “INDUSTRIA LITICA”, una vera fabbrica di utensili
in pietra lavorata mediante percussione e ritocco.
Con la Società Archeologia “OBLATIO” di
Como recuperammo altre duemila pezzi in selce rossa, marrone, grigia e
bianca. Sono grattatoi e raschiatori per macellare e conciare le
pelli, punte di freccia e lame affilate indispensabili per la caccia,
bulini e denticolati per incidere e forare il legno.
Risalendo la collina recuperiamo nel
Bosco dell’Albigiana una bellissima “AMIGDALA” in diaspro rosso venato,
il primo strumento fabbricato dell’uomo, un’ascia in pietra a punta e
taglio (la seconda rinvenuta in Toscana).
Negli anni seguenti assistiti
dalla fortuna, da tanta pazienza e con la collaborazione di Bruno
Rabissi recuperiamo altre due amigdale che nella musealizzazione
costituiranno una “TRIADE PREZIOSA” che pochi musei possono vantare.
Per l’avvicendamento delle
passate civiltà nel territorio montalcinese è doveroso accennare anche
ai Romani che subentrarono agli Etruschi.
Nel 1966, durante i lavori di
rimboschimento nella zona demaniale lungo il Fosso del Dragone, viene
alla luce un sepolcreto romano di Età Augustea con tombe alla cappuccina
per il rito funebre dell’incinerazione. Per circa 2 Km. decine di
piccole sepolture a capanna: orcioli interrati contenenti le ceneri,
coperti con tre grossi embrici a mo’ di tetto, proteggono gli aggetti
offerti al defunto.
Tutto è stato triturato dai lavori nel
bosco che per altri mille anni ha ricoperto le sepolture. Tra l’ammasso
dei frammenti recuperiamo una patera in ceramica rossa decorata a cerchi
concentrici con al centro un cartiglio recante la scritta “C. VOLUSENI
OPTATUS”, una boccetta di vetro azzurro ed una ampolla in vetro verde.
Completano la presenza romana
sul territorio 27 siti ed attestazioni comprendenti sepolture, luoghi di
culto, ville, strade e fornaci prevalentemente nella zona di Sant’Angelo
in Colle, Villa Sesta, Brizio ed anche luoghi entro le mura cittadine
della Montalcino medievale.
Purtroppo i reperti non trovano posto
nella musealizzazione odierna; continueranno il loro lungo sonno nei
nostri magazzini. |